17 NOVEMBRE 1822 NASCE CORRAO UN ERORE SICILIANO!

RIAPPROPRIAMOCI DI UN EROE SICILIANO RINNEGATO DALL’ITALIA: Giovanni CORRAO
DI
Alphonse Doria
Giovanni Corraonato a Palermo il 17 novembre 1822 dove morì il 3 agosto 1863, di umili origine, è stato un operaio nel porto della sua città, aveva la specializzazione di calafataggio delle navi. Ha lottato da sempre per la liberazione della sua Patria Sicilia, dopo lo sbarco del 10 aprile 1860 organizzo insieme al Pilo gruppi di sostegno per lo sbarco garibaldino, fece tutta la campagna militare dell’impresa garibaldina tanto che Garibaldi lo nominò generale, fece pure la battaglia d’Aspromonte. Con il Regno d’Italia è entrato a fare parte dell’esercito italiano con il grado di colonnello, si dimise subito per l’avversione politica verso la nuova situazione che si trovò la sua Sicilia. In poche parole vennero meno le aspettative di libertà del suo Popolo Siciliano. Fu ancora vicino a Garibaldi nell’impresa di Aspromonte. Tornato a Palermo, rimase coinvolto nella reazione contro i seguaci di Garibaldi e la mattina del 3 agosto 1863, mentre tornava dalla sua campagna di S. Ciro, a Maredolce, fu ucciso in un agguato da sicari rimasti sempre sconosciuti. Fonti storiche asseriscono che fu ucciso da uomini dell’intelligence della nuova Italia unita. Fu falsa e calunniosa l’accusa di essere stato lui ad uccidere il suo compagno di rivoluzione Rosolino Pilo. Ultimamente è stato scritto un libro: Qualcuno ha ucciso il generaledi Matteo Collura, Edizione Longanesi Dove lo scrittore con grande abilità riesce a costruire l’atmosfera storica dove in ultima analisi  chiarisce che sicuramente il rivoluzionario Corrao non si era rassegnato ad una vita di contadino e che covava nel suo animo già propositi di rivolta, non era il solo basti pensare alla rivolta del Sette e Mezzo, contro l’ingratitudine dell’Italia di promesse non mantenute nei confronti della Sicilia. Per questo, ha ricevuto le due luparate che l’uccisero. Lo scrittore Collura ci da la sua versione di un delitto di mafia, su commissione dello Stato. Perché Corrao era diventato scomodo. Perché Corrao era un capopopolo pericoloso a cui furono tributati funerali di Stato esageratamente solenni e poi l’imbalsamazione nel convento dei Cappuccini, fu murato in una nicchia, “affinché riposasse al riparo da possibili profanazioni”.A ricordarlo ai posteri ora c’è il monumento di Villa Garibaldi a Palermo, Ma fu letteralmente cancellato dalle pagine della storia italiana.Don Fabrizio de Il Gattopardo pensa al suo Averno senza ritorno, senza resurrezione, ma come fine tragicomica di un Popolo. Perché la protagonista di questa opera è: la rassegnazione! E proprio nelle catacombe dei Cappuccini viene trovata la mummia del protagonista Giovanni Corrao del libro di Matteo Collura: Qualcuno ha ucciso il generale -Edizione Longanesi – 2006. Un romanzo che ad opinione di Gianni Riotta[4]: [5]“È il libro di un allievo, e biografo di Leonardo Sciascia, la cui lezione letteraria è però interpretata senza scetticismo, né cinismo: nella consapevolezza che rimettersi all' opera nella vita e nella storia, pur dopo una rotta, una sconfitta, il vedere completamente dispersi i propri ideali, resta la sola strada percorribile.”  Il romanzo sa molto della scuola sciasciana, vi sono molti riferimenti espliciti de I vecchi e i giovani. Ho subito pensato chi avesse ucciso il protagonista Corrao idealista e mi è sembrato di ritrovare, anche se con le dovute differenze, l’anziano garibaldino Mauro del romanzo pirandelliano, che armato di tutto punto nell’atto di unirsi ai soldati italiani contro i minatori di Favara nelle manifestazioni dei Fasci Siciliani. I soldati pensando ad una aggressione lo uccidono. I vecchi e i giovani finisce nello stupore dei soldati che rimosso il cadavere si sono accorti delle tre medaglie: [6]Chi avevano ucciso?” Avevano ucciso chi ha creduto pienamente negli ideali, chi non poteva mai immaginare di trovarsi davanti un fuoco ostile. Nel romanzo di Collura il funerale si tenne nella Chiesa di San Domenico, anche se nel chiostro, storicamente impiantato nel 1960, perché la chiesa poteva passare sopra ad un “libero pensatore” ma non all’aggravante di essere stato artigiano e non un aristocratico. Proprio nella stessa chiesa il 25 maggio del 1992 si celebrano i funerali di altri eroi che trovarono la morte forse perché uno di loro: Giovanni Falcone, per il suo onore di uomo e soprattutto di Siciliano, continuò la sua lotta non curandosi da dove poteva arrivare il fuoco ostile. Era stato abbattuto il nemico politico di Magistratura Democratica[7], come allora riportò Ilda Boccassini[8], urlando con rabbia a cuore aperto nell’Aula Magna del Tribunale di Milano.[9] Lo stesso giorno a Roma fu eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro[10]. Il Popolo Siciliano presente quel giorno del funerale in Piazza San Domenico urlò con rabbia contro il potere romano: “Assassini!”. Faccio una riflessione su questa mia analisi e guardando dietro mi chiedo come mai abbia potuto concludere da una pagina de I VICERE’ alla strage di Capaci?… Forse perché la storia di allora ha tutte le risposte politiche dei malanni siciliani di sempre e di oggi …
Note:
 
[4]Gianni Riotta (Palermo, 12 gennaio 1954) è un giornalista e scrittore italiano. Dal 20 settembre 2006 è diventato direttore del TG1.
[5]Corriere della Sera  del 2 marzo 2006 pagina 41.
[6]I vecchi e i giovani di Luigi Pirandello Editoriale Opportunity Book s.r.l. Milano 1995 pagina 314
[7]Associazione di magistrati vicini al PCI/PDS
[8]Ilda Boccassini (Napoli, 7 dicembre 1949) è un magistrato italiano, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano.
[9]«Voi avete fatto morire Giovanni, con la vostra indifferenza e le vostre critiche; voi diffidavate di lui; adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali. (…) Due mesi fa ero a Palermo in un'assemblea dell'Anm. Non potrò mai dimenticare quel giorno. Le parole più gentili, specie dalla sinistra, da Md, erano queste: Falcone si è venduto al potere politico. Mario Almerighi lo ha definito un nemico politico. Ora io dico che una cosa è criticare la Superprocura. Un'altra, come hanno fatto il Consiglio superiore della Magistratura, gli intellettuali e il cosiddetto fronte antimafia, è dire che Giovanni non fosse più libero dal potere politico. A Giovanni è stato impedito nella sua città di fare i processi di mafia. E allora lui ha scelto l'unica strada possibile, il ministero della Giustizia, per fare in modo che si realizzasse quel suo progetto: una struttura unitaria contro la mafia. Ed è stata una rivoluzione. Tu, Gherardo Colombo, che diffidavi di Giovanni, perché sei andato al suo funerale? Giovanni è morto con l'amarezza di sapere che i suoi colleghi lo consideravano un traditore. E l'ultima ingiustizia l'ha subìta proprio da quelli di Milano, che gli hanno mandato una richiesta di rogatoria per la Svizzera senza gli allegati. Mi ha telefonato e mi ha detto: "Non si fidano neppure del direttore degli Affari penali" »
[10]Oscar Luigi Scalfaro (Novara, 9 settembre 1918) Nono Presidente della Repubblica dal 1992 al 1999 Ministro dell'Interno nel Governo Craxi I e Presidente della Camera dei deputati nell'XI Legislatura nel 1992. Aderisce al Partito Democratico. Si laureò in Giurisprudenza nel 1941 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed entrò in magistratura nel 1943, prestando giuramento fascista. Firmò diverse condanne a morte un passato indelebile!
 



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