L’INFALLIBILE SANTI CORRENTI

L’INFALLIBILE SANTI CORRENTI

             La lettura della “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sicilia - Newton Compton Editori (16 giugno 2015) di Santi Correnti”, è stata semplicemente gratificante. Il costo è veramente un affare: 5.90€! Non è solo una guida per visitare la Sicilia, entrare in un paese anche piccolo e in poche righe scoprire il personaggio famoso del posto, e ciò che vi è da visitare, ma è anche una autentica guida allo studio per scoprire l’essenza del Popolo Siciliano, in quanto Popolo. Quindi è uno di quei libri da leggere, consultare e tenersi sempre a portata di mano. Dopo aver stilato L’ALMANACCU SICILIANU, ho scoperto tante e tante figure storiche di rilevante importanza, questo mi ha fatto pensare, che la sintesi del nostro benamato storico Santi Correnti è semplicemente un cenno alla grandiosità della storia e della cultura siciliana, ma sufficiente a comprendere che ogni piccolo centro della Sicilia è una sorgente culturale.

Su Siculiana ho trovato riferimento a pagina 67 MODI DI DIRE: “I loro vicini di Siculiana dicono che i Raffadalesi sono mangiamaccu, cioè grandi consumatori di purè di fave, che in siciliano si chiama maccu”. Ed è assolutamente vero. Nel cuntu di C’era na vota Paulu Miceli per l’appunto racconto l’incontro tra un rafadalese e lui a pagina 2/3:

“Si cunta ca na vota a Miliuni mentri stava jennu a Rafadali cu un carricu di sardi si ‘ncuntrà cu un unu cu tanti di baffi e stivala luciti, vistutu di fustagnu virdi avuliva, scupetta ‘ncoddu e cartucciera a la cinta, supra un cavaddu. Chistu si jsà la coppula e lu taljava. Paulu Miceli ca ‘un si scantava di nuddu si misi a taliallu vidè.

-Ma tu ‘un si Paulu Miceli u cocu?

A stu puntu capì ca era un rafadalisi, cumpagnu di carziri di tantu tempu fa. A quantu pari u zzu Paulu faciva u cucineri quannu si truvava ‘nchiusu. Piglià e ci fici a malapena di si cu la testa.

- Vistu ca si Paulu Miceli lu cocu,

ci si capaci a fari na minestra senza focu?

Paulu Miceli c’jì ‘nvanzi e ci dissi:

-Ti canuscivu da lu gileccu

Ca si di lu paisi di li mangia maccu.

Ti fazzu un magereddu fumjannu senza focu!

Veni dumani matinu quannu cacu!”

(TRADUZIONE: Si racconta che una volta a Miliuni[1] mentre stava andando a Raffadali con un carico di sarde, incontrò un tipo con tanti di baffi e stivali lucidi, indossava un vestito di fustagno[2] vellutato verde oliva, scopetta alla spalla e cartucciera alla cinta e montava un cavallo. Questo si alzò la coppola e lo fissava. Paolo Miceli, non aveva paura di nessuno, così lo fissava a sua volta.

-Ma tu non sei Paolo Miceli il cuoco?

Subito capì che quello era un raffadalese, compagno di carcere di tanto tempo fa. A quanto sembra il signor Paolo quando si trovava recluso si prestava a cucinare pure gli altri compagni. Allora fece un lievissimo cenno di si con la testa.

-Visto che sei Paolo Miceli il cuoco,

sei capace a farmi una minestra senza fuoco?

Paolo Miceli gli si dispose davanti e gli disse:

-Ti ho riconosciuto dal gilet

Che sei dal paese dei mangia macco[3].

Ti faccio una bella pietanza fumante senza fuoco!

Vieni domani mattino quando defeco!”).

Mentre a pagina 74, proprio sulla voce Siculiana scopro due personaggi siculianesi mai sentiti prima: “IL GIURISTA DEL LAVORO – Il siculianese Vincenzo Sinagra (1899-1973) è stato giurista insigne nelle Università di Catania e di Palermo, specializzandosi nei problemi riguardanti il Diritto del lavoro”. Secondo. “UN PERICOLOSO BANDITO – Nei tempi andati, le campagne di Siculiana erano infestate da un pericoloso bandito, certo Ciccillo Di Rosa, che rapinava chiunque, togliendogli perfino la camicia. Un detto popolare siculianese ricorda ancora: Nun jri caminannu senza spisa / ca si t’incontra Ciciddu di Rosa / la prima ca ti leva è la cammisa! (Non andare in giro  senza roba da mangiare – perché, se ti incontra Ciccillo Di Rosa – la prima cosa che ti toglie è la camicia!).

Sarà motivo di studio da parte mia per scoprire queste due figure. A dirla tutta questo detto non l’ho mai ascoltato a Siculiana, pur riconoscendo la struttura linguistica del luogo. Mi sembra strano non aver mai sentito parlare o letto sul professore Sinagra. Mi prometto di approfondire.

Non mi stancherò mai di ringraziare Santi Correnti per l’opera che ha reso al Popolo Siciliano tutto. Quanti, leggendo i suoi libri, si sono poi ricreduti su i tanti pregiudizi razziali su i Siciliani, sulla storia negata. Anche Siciliani stessi, succubi di concezioni indotte da pubblicazioni avverse e non innocenti. Grazie professore Santi Correnti.

 

 



[1] Contrada agricola tra Siculiana e Raffadali.

[2]Questo tipo di tessuto prende il nome dal luogo da dove viene importato, è un sobborgo del Cairo si chiama in arabo al-Fusṭāṭ.

[3] In lingua siciliana si scrive maccù. Tutt’oggi a Raffadali ogni  5 e 6 ottobre vi è proprio la Sagra del Maccu in occasione della festa della Madonna del Rosario. Mentre a Favara si offre in occasione della festa di San Giuseppe, chaimata appunto “Minestrata di San Giuseppe”, ma anche in tanti altri paesi della Sicilia e proprio in occasione della festa di San Giuseppe .  Maccù viene dal tardo latino “maccare”, in siciliano “ammaccari”, dalla preparazione di questa pietanza popolare. Si sgusciano le fave e si fanno cuocere a lungo tanto con i vari ingredienti come cipolla, finocchietto e aglio, che schiacciate diventano una densa purea, poi tagliato a fette si prende all’occorrenza la porzione necessaria, e riscaldata con i pezzi rimasti della pasta in credenza e un po’ di olio crudo la minestra è pronta. E’ diffuso in tutta la Sicilia ma trova origine nel ragusano. Vi sono molte antiche credenze, ad esempio gli antichi Greci consideravano le fave cibo dei defunti. Pitagora per l’appunto vietava ai suoi discepoli di mangiarne. Vi sono buone possibilità di credere che questa ricetta ci è stata trasferita dalla cultura sanscrita, come tantissime altri elementi sia culinari, linguistici ed etnografici del Popolo Siciliano.



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