Una passeggiata con Gogol’

Preso dal mal di denti, l’unica cosa da fare è andare dal dentista e allora per ingannare l’attesa non vi è meglio di un libro, magari maneggevole, di quelli piccolini, così dalla libreria ne ho preso uno di quelli messi in attesa alla lettura: di                         Gogol’ Nikolaj Vasil’evic, I racconti di Pietroburgo di Gogol’ Nikolaj Vasil’evic. Contiene due racconti: La Prospettiva Nevskij e  Il naso, (Edizione fuori commercio per gli amici della Garzanti, 1998 – pubblicato nel 1842). Il primo racconto e il secondo sono legati da questa strada famosa di Pietroburgo, la Prospettiva Nevskij. Gogol’ inizia descrivendo i personaggi che la popolano, dando uno spaccato sociale e antropologico.

L’impressione che ho è quella di trovarmi insieme all’Autore mentre passeggiamo in quella via, tra i negozi, le insegne, le persone, gli odori e gli umori. I fazzoletti e cappellini delle donne così variopinti. Dice Gogol’ (pagina 6): “Sembra che un intero mare di farfalle si sia sollevato improvvisamente dai fiori e si libri come una nube scintillante sopra gli scarafaggi neri che sono gli uomini”. Ad un certo punto lui mi tira per la manica e mi chiede di porre la mia attenzione su due amici, poco distanti da noi. Sono  Pirogov  e Piskarev, un ufficiale in divisa, l’altro in frac e mantello. Sono amici, ma così diversi, chissà cosa li accomuna? Questa strada, di sicuro.  I due confabulano, sono attratti da due donne diverse, perché hanno cuori e occhi differenti.

E allora vediamo Piskarev che va a passo lesto dietro una giovane donna, bella raggiante con il suo mantello variopinto e svolazzante. L’amico Pirogov, più attaccato alla terra, non come il suo amico sempre in fuga tra le luci e i colori dell’arte, lo commisera e gli grida dietro: “Ingenuo!”. Lui sa che quella è una che batte la sera la Prospettiva Nevskij.  Quindi si separano il pittore Piskarev all’inseguimento di un Opera d’Arte in carne ed ossa, come una personificazione, materializzazione dell’astratto, di quel Mondo magnifico dell’Arte. Non può lasciare perdere, nemmeno quando si imbatte nella cruda realtà che quella magnifica Opera d’Arte vivente parla e si atteggia in maniera squallida da prostituta e vive da prostituta. Fugge via dal mondo reale per nascondersi nel mondo dei sogni dove quella personificazione dell’Arte è una dea in terra, ammirata, onorata e desiderata da tutti. I sogni sono fatti per svanire. E allora lui non si rassegna, va di nuovo in quel bordello dove la trova pronta ad esaudire le sue richieste di carattere sessuale.

A questo punto chiedo a Gogol’: “Chissà se lui avesse avuto un rapporto sessuale con lei non avrebbe cambiato l’idea astratta di quella donna?”, mi rispose (pagina 10): “Un artista pietroburghese! Un artista nelle terre delle nevi, un artista nel paese dei Finni, dove tutto è umido, piatto, uguale, grigio, nebbioso. Questi artisti non somigliano affatto agli artisti italiani  l’Italia e il suo cielo; al contrario, si tratta per la maggior parte di gente buona e mite, indolente, che ama in silenzio la propria arte (…)”.

Il pittore comunque lancia la sua proposta, quella di trasformarla da venditrice di piacere a compagna di vita, moglie! Lui sognava (pagina 23) “Nei suoi occhi, languidi, stanchi, era scritto il peso della felicità, tutto nella stanza di lui respirava un’aria di paradiso (…)”. La poverina gli dice chiaramente che lei non è quel tipo di donna, non lo è! Beffeggiato dalla collega presente fugge e questa volta l’ultimo colore prima del nero buio, notte è il rosso del suo sangue. Il paradiso … mi chiedo se non è un luogo solitario? Se la felicità, quella con la “f” maiuscola, potrà essere con divisa con gli altri? Oppure il paradiso è quella dimensione che pur rendendo felici l’uno dall’altro vi si appartiene insieme?

L’altro, il tenente Pirogov, scopre che la sua giovane donna, dei suoi desideri fatti tutti di carne, è la moglie di un mastro fabbro tedesco. Ne diventa cliente per il fine ultimo, ma ad un millimetro del traguardo viene scoperto dal marito, ed anche lui viene tristemente beffeggiato. Ora la differenza tra i due è che mentre il pittore era caricato da ciò che autenticamente possiamo chiamare “amore”, il tenente invece le sue intenzioni sapevano di truffa, d’inganno e allora il trattamento è stato più che meritato. Così passeggiando per la Prospettiva Nevskij,  fatta evaporare la rabbia, Pirogov entra dentro una pasticceria e mangia dei pasticcini di pasta sfoglia …

Gogol’ mi dice (pagina 38): “tutto è inganno, tutto è sogno, nulla è ciò che sembra! Credete  che quel signore che passeggia con il soprabito di ottima fattura sia molto? Neanche per sogno ricco tutti i suoi averi consistono in quel soprabito. Vi immaginate ….” Io l’ascoltavo, ascoltavo e mi ricordava tanto Pirandello, ma non glie l’ho detto.

Il racconto de Il naso è di un divertente straordinario. Non è di tutti i giorni che un barbiere, abitante della Prospettiva Nevskij uno di quelli che “prende per il naso” il proprio cliente e glielo gira da una parte e l’altra, quasi a volerlo staccare, come gli desse impiccio al suo lavoro, un bel mattino si trovi in una pagnotta calda di pane appena sfornata, proprio quel naso ed assolutamente vivo.

Nell’insegna di questo barbiere vi era scritto pure “Si cava anche sangue”, anche nel mio paese qualche decennio fa vi era qualche barbiere che faceva i salassi…

Scopriremo in seguito che quel naso appartiene all’assessore di collegio Kovalèv. Lui si fa chiamare maggiore. Qualsiasi naso sarebbe fuggito se fosse stato appartenete a quella faccia, a quell’uomo. Non solo il maggiore ha avuto la brutta sorpresa di non trovare più il suo naso nella sua faccia, così rimasta, in quella parte liscia come una frittella, “stupidamente” senza naso. Ma vide fuggire il suo naso a due passi da lui. Come quell’Opera d’Arte prese sembianze umane pur se di facili costumi, come voler dire che il genere umano trascina tutto nelle bassezze recondite della vergogna. Anche qui il naso prende sembianze umane! Scese da una carrozza (pagina 49): Indossava un’uniforme ricamata in oro, con un grande colletto rigido; aveva pantaloni scamosciati e la spada al fianco. Dal cappello con le piume si poteva dedurre che si considerava in possesso del grado di consigliere di stato.”

          Il maggiore insegue e raggiunge il suo naso in una chiesa, si avvicina ed avviene così una discussione che la buona educazione e la formalità porta all’estremo del paradosso, alla fine sbotta (pagina 50): “Ma se voi siete il mio naso!” Il naso guardò il maggiore e i suoi sopraccigli si aggrottarono alquanto. “Vi sbagliate, egregio signore. Io sono per mio conto. Inoltre fra noi non può esservi alcuna stretta relazione. A giudicare dai bottoni della vostra uniforme, voi dovete prestar servizio in un’altra amministrazione.” Il naso si voltò e continuò a pregare …

Insomma la storia continua per questa linea, come nell’annuncio del giornale, che non riuscirà a fare, dove gli si viene offerto del tabacco da naso… come pure con la lettera spedita a chi pensava autrice di una malia contro lui.

Alla fine il naso gli viene portato da uno zelante poliziotto, ma non riesce ad attaccare, nemmeno con l’aiuto del medico. Il dottore personaggio particolare (pagina 62) “aveva degli stupendi basettoni color pece e una moglie fresca e sana che ogni mattina mangiava delle mele e si teneva la bocca sempre pulita, risciacquandola tutti i giorni quasi per tre quarti d’ora e spazzolando i denti con cinque spazzolini di diverso tipo.” Gli fa la proposta di vendergli quel naso visto che lui non lo potrà mettere a suo posto. Il maggiore mi sembra giusto va su tutte le furie.

Il 7 d’aprile, il naso di “testa sua” si ci attaccherà da solo come da solo si era staccato il 25 marzo ed aveva preso vita autonoma. Da quel giorno il maggiore andò per la Prospettiva Nevskij, contento. Ed è lì che lo abbiamo incontrato mentre stava entrando nella pasticceria. Gogol’ mi chiese che me ne sembrava? Io ho risposto che sono tante le persone che vanno in giro e non hanno naso senza nemmeno accorgersene!

Chiudo il libro e mi accorgo che proprio di fronte vi erano sedute tre donne (dalla flessione linguistica di Agrigento) in ordine da destra a sinistra: nonna, madre e figlia. Ad un certo punto la madre mi chiese:

-La messa alla Matrice a che ora è la domenica?

Stupidamente ho cercato di dare una risposta imprecisa, volevo essere utile, farle capire che anch’io frequentavo la chiesa ma un’altra parrocchia pertanto non sapevo a che ora, così cercavo di approssimare, mi salvo in calcio d’angolo, è il mio turno.



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