INTERVENTO PRESIDENTE ALPHONSE DORIA

LINGUA SICILIANA
Intervento al I Concorso di Lingua Siciliana
22 aprile 2006 Siculiana
Di
Alphonse Doria

Vorrei iniziare il mio intervento con la lettera che ho inviato a quasi tutte le scuole medie dell’agrigentino per tirere due conclusioni.

All’Illustrissimo Signor Preside
Siculiana, 10 marzo 2005
Oggetto: Concorso di Lingua Siciliana.
Preghiamo cortesemente alla Vostra Scuola la partecipazione di tutti gli studenti al nostro concorso di Cuntura e Puisi in siciliano, sperando che sia un occasione in più per il recupero della nostra “lingua” che ormai perde una parola al giorno. Abbiamo voluto utilizzare la parola lingua nello spirito di Noam Chomskj, il quale pone la differenza fondamentale tra una lingua e un dialetto asserendo che la prima ha la tutela attiva di uno stato, mentre il dialetto vive ai margini dell’ufficialità. Quasi tutte le lingue regionali sono tutelate dallo Stato Italiano, dalla Legge 3366 del 25 novembre 1999, chiaramente è stata esclusa la Lingua Siciliana perché non ha trovato neanche un deputato che ne perorasse in Parlamento il semplice diritto all’esistenza, bravi i nostri rappresentanti onorevoli siciliani… Il 21 febbraio del 2001 l’UNESCO ha indetto la Giornata Mondiale delle Lingue Materne. Studiosi affermano che delle attuali 6700 lingue del Mondo questo secolo ne vedrà scomparire il 90%. E sempre più Popoli avranno problemi d’identità.
Sperando che questo concorso sia un’occasione in più per la Vostra Scuola per argomentare sul recupero della memoria storica, culturale e linguistica Siciliana, ci aspettiamo una piena adesione.
RingraziandoVi porgiamo i più cordiali saluti.
Il Presidente

Prima conclusione, non ho avuto nessuna risposta da nessuna scuola, tranne la media inferiore di Siculiana, per ovvi motivi. Rimanendo sensibili al lavoro degli insegnanti che è diventato veramente pesante, oltre che le scuole si adoperano nel loro programma al recupero della memoria storica. A questo punto vorrei riportarvi una parte di un mio articolo recente SICILIANETA’ SICILITUDINE E SICILIANISMO:

Giovedì 17 novembre 2005 leggo nella pagina Cultura e spettacoli del quotidiano LA SICILIA, un intervista a Silvana Grasso dal titolo: Silvana e l’anarchico disìo. Questo articolo mi ha colpito per due motivi fondamentali: La questione della Lingua Siciliana e la Sicilianità. Il bravo intervistatore pone la seguente domanda: -Che cosa ha il siciliano che l’italiano non ha?
Risposta: -Animus e anima. L’italiano “letterario” di oggi ha il
fascino di un cadavere in fase d’autopsia.
Domanda: -Disìo, come gli altri suoi romanzi, è impreziosito da
sapiente uso del siciliano. Eppure, per chi cresce e
studia in Sicilia, non sempre il siciliano è considerato
sapiente. Per molti è una sorta di tabù, ed è divieto
parlare siciliano a scuola o, peggio ancora, a casa.
Perché? Da dove, secondo lei, nasce la vergogna?
Risposta: – (…)La vergogna è non flagellare una scuola così,
che impone a una lingua il cilicio dell’abitudine, del
tedio, della mortificazione espressiva.
La Scrittrice Grasso ha trovato nel suo linguaggio la vitalità linguistica, come Verga ieri come Camilleri oggi, utilizzando, liberando, quel Siciliano ingabbiato in quella lingua artefatta dell’italiano che ci costringe a tradurre continuamente dal nostro pensiero siciliano allo strumento lingua italiano. E fin quando scriviamo allora esce quella forma meccanicista, che avvolte ha fatto la fortuna della letteratura siciliana in italiano, ma quando parliamo lì nascono i problemi, gli intercalari, le parole non parlate, tratte chissà da quale circolare ministeriale, eccetera. Ricordo ancora le interviste di Leonardo Sciascia alla radio… Lo sappiamo che la fortuna della lingua italiana è la televisione, ma lo stesso mezzo la sta depredando, la sta straziando con tutti gli abusi linguistici e i barbarismi che molta gente mediocre protagonista di questo mezzo compie continuamente. Il siciliano diventa sempre più letteratura, sempre più cult. E il motivo è nella scoperta dell’anima che ha questa lingua, quella forma di liberazione della nostra entità sicilianità che spesso riteniamo rilegata dentro noi.

Ormai sempre più spesso gli autori siciliani usano frasi, parole e intercalari della lingua siciliana, famosissimo è Camilleri. Tra gli ultimi la bravissima Simonetta Agnello Horbi con il suo grande successo LA MINNULLARA che a noi Siculianesi, a mio avviso, riguarda molto da vicino e poi LA ZIA MARCHESE DOVE LA PROTAGONISTA COSTANZA conversando con il Prefetto piemontese (Pagina 121): “Costanza si ritrovò a conversare con loro, impacciata della lingua e confusa dal tono amichevoli di quelli. Il padre la osservava divertito e benevolo, ma non l’assisteva nella difficoltà del parlare italiano. Poi le venne in aiuto rivolgendole la parola in francese. La conversazione continuò spedita in quella lingua.”
La lingua italiana nella storia della Sicilia prende il posto che hanno assunto le altre come: Il Punico, il Greco, il Berebero, il Latino, l’Arabo, l’Ebraico e il Quadrilinguismo. Abbiamo avuto per ogni lingua degli autori siciliani validissimi, come anche ora. Ma il pensiero è stato sempre siciliano. Proprio nell’Indagine Archeologica conclusa sul territorio di Cattolica Eraclea, in contrada Branda, dopo Matarana, vi è una necropoli indigena “Sicana” e resti probabilmente di un Tempio visto i massi ben tagliati che vi sono, anche perché i contadini del luogo chiamo quel posto i templi . Ebbene in quel posto ho trovato una pietra con delle scritte che a primo analisi sembravano rune poi studiando attentamente mi sono accorto che (Tratto dal libro SEGNI E SIMBOLI scritto da I. Schwarz – Winklhofer – H. Biedermann. Definizione dei simboli) è: “Una scrittura formalmente analoga è quella numidica, diffusa nell’Africa settentrionale, sopravvissuta nella attuale grafia libicoberbera (come nel Tifinagh dei Tuareg). Stando a questa scrittura in quelle incisione ritroviamo i suoni tipici del siciliano come tzu zzu, dda e altri ancora. Possiamo dire che questo è un esempio del nocciolo duro linguistico dove dominazione dopo dominazione, il Siciliano acquisisce altri idiomi ma non sostituisce, non elimina. Millenni dopo millenni, dominazione dopo dominazione, assimila, sicilianizza, avvolgendo al suo primordiale pensiero, forse portato dall’altra sponda del Mediterraneo, o nato spontaneamente nel luogo con le sue varianti. (Tratto da INDAGINE ARCHEOLOGICA)
La lingua Siciliana come lingua unitaria dalle diversità linguistiche che la Sicilia ha, nelle sue parlate locali. Ancora oggi è comprensibile in tutte le sue varianti anche se non abbiamo l’ufficialità della lingua. In questa Lingua si trova le tracce di tutta la complessità storica della nostra Sicilia, come un buon vino ricchissimo di gusti. Diventa lingua Nazionale con Federico Secondo fino all’Unità d’Italia. Ora sta noi prendere coscienza di tale tradizione culturale che è la nostra Lingua Siciliana. Avere cura di allontanarci dai barbarismi linguistici televisivi e altro e staccarci dalla zavorra della parlata locale per un Siciliano sempre più unitario, almeno nello scrivere.
Il discorso è molto complesso e molto lungo ma devo chiudere per motivi di spazio. Auguro a tutti quanti di continuare la passione della Lingua Siciliana e diffonderla sempre più. Ne è della nostra esistenza e del nostro futuro.

 antologia siciliana 1° 2006



2 commenti

  1. anonimo wrote:

    Brau, brau cumpà. Puri si nuddu scola girgintana ti nn’arrispunnìu (virgugnacci!) sunnu li cristiani comu a tia ca stannu travagghiannu. A picca a picca criu ca sta guerra la vincemu. Lu talianu si sta murennu e lurdannu cu autri lingui mentri assai siciliani nun s’affruntanu chiui di parrari la nostra lingua sicula. Abbisugnamu sulu li sudura di Raffaele Lombardo. E’ iddu cu ci avi la furtizzia di aiutarinni…zoccu voli diri l’Autunumia linguistica! Cuntinua accussi’ frati meu. Semu siciliani e ni nni vantamu. W la lingua siciliana!

  2. alphonsedoria wrote:

    grazii

    s’ha tempu leggiti l’interventu d’u cuncursu 2007

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