L’IMPERIO CAPITOLO OTTAVO Pagina 796

(CAPITOLO OTTAVO Pagina 796)

“Morire per tentar di redimere gli uomini era divino; per togliere loro ogni speranza, inumano”.

 

L’evento scatenante del romanzo, per non dire di tutto il Ciclo è, secondo il mio punto di vista, proprio l’aggressione subìta da Consalvo. A questo punto del Ciclo si prova un autentico dispiacere quando si ci accorge che le pagine stanno per finire. Ormai questo è il penultimo Capitolo perché l’Autore ha creduto opportuno non continuare l’Opera. Sembra invece che tutto sta per iniziare. Il Ciclo degli Uzeda è un romanzo storico, e lo è in tutte le sue sfaccettature dall’intima voce narrante della protagonista nel L’Illusione, al microcosmo letterario de I Viceré e alla fine nella celebrazione della letteratura de L’Imperio. De Roberto ha narrato la storia e per farlo si è munito di informazioni riversandoli nella propria Opera, dove i personaggi si sono mossi, hanno vissuto respirato, gioito e sofferto. I personaggi tutti hanno poggiato i loro piedi nella storia, quella vera. E’ vero che De Roberto vede nella storia un circolo vizioso, ma è anche vero che la storia italiana dal suo nascere non ha cambiato minimamente in nessun aspetto, questo perché è così che la macchina Italia è stata costruita ed è  così che funziona.

In questo Capitolo vi è un particolare dinamismo scenico e a volte si presenta anche intimistico. L’Autore sembra focalizzare sulle personalità dei personaggi, su i loro amori, le loro passioni messi tra loro in relazione. Anche se nel parallelismo tra letteratura e realtà storica il marchese di San Giuliano ha avuto la stessa ascesa come Consalvo, è attinente per quanto riguarda la carriera politica, ma non in quanto uomo, da escludere che De Roberto lo ha voluto rappresentare nella sua personalità. Consalvo indossa l’abito del deputato Paternò come un attore in una tragedia di Shakespeare. Questo per significare che Consalvo, volendo l’Autore, poteva benissimo dismettere quell’abito di scena per impersonare il politico di quella Italia che la sua storia dava spunti continui di critica autentica e alla sua analisi. Come si vedrà nell’ultimo Capitolo la fine del cosmo letterario del Ciclo degli Uzeda sarà esistenziale e filosofico, oltre che politico.

De Roberto, in maniera puntigliosa, narra tutta la dinamica dell’attentato, per togliere al lettore qualsiasi dubbio che possa essere stato predisposto, preconfezionato dalla stessa parte politica, o ancor più dallo stesso deputato vittima. L’attentatore è Lorani, un umbro, non ascritto a nessun partito, isolato ed è stata una sua iniziativa individuale, non aveva nemmeno assistito alla conferenza di Francalanza al Teatro Valle. Trovatosi per caso davanti al Teatro e venuto a sapere l’oggetto del discorso, si trovava in quella Roma sperso e senza lavoro, “due giorni senza mangiare”, allora “lì per lì aveva concepito l’idea di sfogar su di lui la rabbia della fame[1]. Così segue quel deputato, lo ferma, si assicura che è lui il conferenziere del Teatro Valle e gli molla la coltellata. Pronto a infierire ancora ma è stato interrotto dall’arrivo di altri.

E’ stata una azione isolata come quella di Arcangelo Preiti calabrese del 28 aprile 2014 di fronte Palazzo Chigi mentre il Governo presieduto da Enrico Letta stava avendo la fiducia. Un disoccupato e disperato voleva sparare a qualche politico, ma ad un certo punto impaziente incominciò a sparare su i carabinieri lì in servizio. Per l’appunto dichiarò: “Volevo sparare ai politici, ho capito che non potevo raggiungerli e ho fatto fuoco sui carabinieri”[2].  I politici accusarono a quei loro colleghi che avevano fomentato “l’odio sociale[3]. Incominciano le allusioni al Movimento 5 Stelle, al Movimento dei Forconi, di avere fatto dell’antipolitica la loro campagna. L’avvocato Renato Schifani di F.I. fa una accusa a chi “ha alimentato veleni e scontro sociale”[4]. Questa sparatoria per la politica del palazzo è una manna dal cielo. Ma come nell’attentato del romanzo di De Roberto non vi è altra spiegazione che quella dell’iniziativa isolata di un disperato, spinto dalla rabbia di fame.

Ecco nel romanzo quale furono le reazioni politiche, i giornali: “(…) facevano ricadere il suo sangue sul capo di coloro che avevano coscientemente eccitato l’istinto feroce d’un incosciente, predicando l’odio e la vendetta sociale[5]. Vi è un diretto parallelismo tra le reazioni politiche del romanzo e quelle del 2014. Sembrano rimarcate, come si dice oggi, in un “copia e incolla”…

Mentre il Preiti utilizzò la pistola, il Lorani infierì con un’arma da taglio. La stessa differenza vi è stata tra l’arma del protagonista del romanzo di Sciascia Porte Aperte che utilizzò un pugnale (una baionetta) mentre il protagonista dell’omonimo film utilizzò come arma una pistola per uccidere la moglie.  “Il pugnale come arma sacrificale. (…) Il pugnale, arma a doppia faccia come le pietre neolitiche scalfite nella notte dei tempi dall’uomo che diviene in seguito ascia, simbolo di potere di dominio, come l’ascia del fascio mussoliniano. Simbolo archetipo del potere sociale accentrato nello Stato caratterizzato più che nell’idea sulla persona del dittatore. L’arma neolitica che accentrò il potere sociale nel clan diviene il simbolo accentratore del potere politico fascista (…) L’arma del delitto (…) nel film viene adoperata per uccidere i due uomini e non per la moglie, il quale usa la rivoltella. Il perché le due vittime: Spatafora e Speciale sono vittime sacrificate offerti all’arpia, divinità negativa oppressiva della sua esistenza, mentre l’uccisione della moglie è una esecuzione esplicita e liberatoria”[6].

De Roberto nella sua narrazione arma l’attentatore con un pugnale, simbolo di potere. L’attentatore proletario avrebbe dato un significato completamente diverso alla sua azione individuale se avesse adoperato una pistola. Quel pugnale che luccica alla luce ha dato un valore esplicitamente politico contro il potere responsabile del suo stato di sofferenza, della sua fame. Per l’appunto l’arma utilizzata dal Preiti ha lasciato molti interrogativi a gli investigatori, pur mettendo in considerazione la praticità dello scopo intenzionale dell’attentatore.

Consalvo da giovinastro aveva già subìto un altro attentato che fortunatamente per lui era stato ferito solo alla mano, dai fratelli Marotta[7] che si vendicarono per avere fatto rapire la sorella e averne abusato. Quindi questa è stata la seconda volta anche se per motivi diversi. Nel primo caso quello passionale sessuale e nel secondo per avere conferito contro le “idee socialiste”. Ha esercitato la sua legittima libertà di espressione. Da condannare qualsiasi azione violenta contro chiunque esprima il proprio pensiero, è ovvio! Eppure in ambo i casi vi è la sottile provocazione del potente sotto forma d’invito alla rassegnazione a chi socialmente è soggiogato. Il pensiero della contessina Renata rivolto a Consalvo che giace vittima nel suo letto è come l’ascia neolitica, ha due facce: “Morire per tentar di redimere gli uomini era divino; per togliere loro ogni speranza, inumano”[8]. Spingere alla rassegnazione il disperato può avere conseguenze molto pericolose perché molto facilmente si può innescare la rabbia della fame! Mentre il socialismo può dare ad alcuni una speranza, può far vedere dell’uomo l’aspetto persona, e quindi un deputato, un Parlamento, un Governo, uno Stato incomincia a riflettere sulle sofferenze sociali e di conseguenza a porre rimedi, togliendo a chi può per dare a chi ha fame. Questo è ciò che nella teoria dovrebbe avvenire. Altresì togliendo pure lo stimolo del cambiamento, la speranza, il tavolo delle trattative sociali, allora inevitabilmente sorge l’emergenza sicurezza sociale. Perché la dignità di una nazione sovrana sta nell’offerta di vita data ad ogni singola persona che la compone. Quando la propria classe dirigente amministrativa garantisce solo a pochi privilegiati e a se stessa l’agio, lasciando il resto della popolazione nel disagio e nella sofferenza, non solo ha perso il legittimo diritto ad amministrare, ma merita essere schiacciata dal posto che occupa con ogni mezzo. “Date a Cesare quel che è di Cesare”!

Un giorno una persona che ritengo amica di idee comuniste, mi chiese che attuazione potrebbe avere oggi il comunismo? Io ho risposto: “Hai mai visto le sfilate di moda? Quelle modelle con dei cappelli che sembrano giganteschi lampadari? Ebbene sicuramente le donne non indosseranno mai quegli abbigliamenti e quegli accessori, servono solo per mostrare le tendenze della moda. Così alcune ideologie segnano la strada da percorrere: socialismo, comunismo, anarchismo, indipendentismo nazionale. Sono stimoli per i politici e speranza per il Popolo”. Questo discorso l’abbiamo avuto prima che il PCI diventasse altro.

La dinamica letteraria di questo Capitolo ha uno svolgimento importante nell’azione degli eventi, è il rapporto tra la contessina Renata e Consalvo. Lei è invaghita totalmente di lui: “Ne ammirava la vivacità dell’ingegno, il calore della parola, le piaceva il suo nome antico e sonoro; prediligeva con la fantasia, senza ancora conoscerla, la terra infocata e odorosa nella quale era nato e dalla quale veniva”[9]. Quando è amore è totale e in quanto tale si ama ogni cosa appartiene alla’amato e che ne ha determinato la sua persona, come in particolare la sua origine, la sua terra. Ma cosa aveva causato “dolore” dell’uomo Consalvo? Il suo pensiero, che emergeva la punta come un iceberg di tanto in tanto con il suo scetticismo, “certi sarcasmi, “certe ironie”, così anche nel discorso al Teatro Valle: “il rigore dell’attacco contro le speranze d’un migliore assetto della famiglia umana”[10]. Ma nonostante questa analisi profonda di Renata, vi è l’ammirazione di chi ha sostenuto il suo pensiero con coraggio: “Nel mondo anch’ella vedeva ora una lotta necessaria, fatale, se la semplice espressione d’un concetto sociale e politico si pagava col sangue; se il fanatismo armava la mano d’un uomo contro un altro colpevole solo di non pensar come lui”[11]. Si stringe le mani mentre guarda il suo amato sul letto che dorme ferito e si affligge per il suo stato di salute. Si dice a se stessa che quello di Consalvo è un atto di coraggio, di buone intenzioni, ma “una voce, dentro di lei” (quella dell’Autore) gli dice che: “dimostrare inevitabili i mali sociali e impossibile ogni rimedio, poteva esser cosa che la ragione approvava, ma non il cuore. Morire per tentar di redimere gli uomini era divino; per togliere loro ogni speranza, inumano.”[12]. Ed è per questo che lo vuole salvare per un più degno destino. Perché non vi è più indegno di avvelenare con la rassegnazione la speranza alle persone. Ecco una presa di coscienza di questa giovane donna che mostra indipendenza di pensiero, una considerazione da parte dell’Autore su diverse donne protagoniste in tutto il Ciclo, dalle sfaccettature abbastanza moderne per il disincanto che mostrano dell’ambiente e delle relazioni sociali. Prima fra tutte donna Ferdinanda che è riuscita a raggiungere la sua indipendenza economica e decisionale in un mondo maschilista all’estremo. Poi ancora la giornalista Beatrice e l’intervento sempre più delle donne nella politica pur se non erano elettorato De Roberto li mette in scena da protagonisti e non come semplice figurine. Profondissima analisi politica è quella di Renata che non è stata per niente condizionata dalla sua passione.

          L’Uzeda grazie a questo attentato è ormai entrato nella grande attenzione e riesce ad avere la sua scalata al potere, riceve la nomina: “In meno di due mesi la stilettata di un pazzo lo sbalzava a ministro dell’Interno, a vice Presidente del Consiglio, quasi Viceré come i suoi maggiori!”[13]. La saga del “potere” è in queste parole che si completa, di un potere alienato dalla propria terra, dalla Sicilia, legittimato per delega democratica. Per questo motivo Consalvo rimane il “viceré”.

Consalvo ha raggiunto il suo scopo e come “viceré” mette in atto il suo “potere” di dominatore. A volte rifletto che una esperienza umiliante lo poteva ridimensionare, far ricredere tarare la sua personalità. E invece Consalvo viene esaltato dal successo, dal raggiungimento del suo scopo: il potere. Viene preso da “un sentimento di trionfante superbia”[14]. Una serie di coincidenze fanno si che Consalvo e Renata salgono assieme le scale del palazzo, anche perché abitano nello stesso piano. Lui ha un solo modo di vedere le persone ed è da dominatore, quindi agisce di conseguenza e con l’inganno. Sente dentro di se la passione, ma sa solo amare con il possesso. Così con uno stratagemma trascina dentro casa Renata e ne abusa. Quell’amplesso è solo una violenza carnale che la povera contessina subisce. Come la sorella dei Marotta a Catania.

          



[1] Pagina 799

[2]http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/28/sparatoria-davanti-a-palazzo-chigi-durante-giuramento-del-governo/577150/ (Visione del 5 giugno 2015 ore 17,19).

[3] Dichiarazione del neo ministro Nunzia Di Girolamo del PD. .

[4] http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/28/sparatoria-davanti-a-palazzo-chigi-durante-giuramento-del-governo/577150/  (Visione del 5 giugno 2015 ore 17,19).

[5] Pagina 799

[6] TRA SIGNIFICATO E IMMAGINE PORTE APERTE RECENSIONE dello stesso autore https://alphonsedoria.files.wordpress.com/2011/10/tra-significato-e-immagin1.pdf (visione presa il 5 giugno 2015 alle ore 18,12).

[7] PARTE SECONDA CAPITOLO OTTAVO Pagina 533

[8] Pagina 796

[9] Pagina 795; 796

[10] Pagina 796

[11] Ibidem

[12] Ibidem

[13] Pagina 808

[14] Pagina 809



Lascia un Commento

*

Siti per blog