L’IMPERIO CAPITOLO SETTIMO Pagina 789

(CAPITOLO SETTIMO Pagina 789)

“solo un feroce egoismo poteva lodare la rassegnazione degli sciagurati, solo una maledetta paura poteva giudicare funesto che le coscienze si illuminassero”.

 

                   Consalvo tiene il suo discorso per convertire i socialisti, gli operai le masse,  ma la platea è affollata da tutti i conservatori. Federico costata le donne ben vestite e i signori eleganti pronti ad assistere uno spettacolo come un altro. I lavoratori sono su, nel loggione, si riconoscono dal loro abbigliamento, dal loro muso e da i loro occhi: “Avevano aspettato, in gruppo, sulla via, che aprissero; ma, trovata piena la platea, respinti dai palchi, si erano ridotti lassù, occupando l’ultimo posto anche questa volta che non si pagava niente e che lo spettacolo era dato a loro beneficio”[1]. E’ questo il vero senso politico del discorso di Consalvo. La metafora dell’ultimo posto nel teatro della vita è la realtà di ogni giorno. Pur se quel posto acquisito non lo si ha per sempre, ma solo per quell’evento specifico, pur se quell’evento ha un destinatario specifico e quello non è l’occupante che ha quel privilegio della platea, mentre al meno abbiente che doveva essere pronto ad assistere invece tocca l’ultimo posto. La legge della vita lo consente, si deve arrivare prima, quel posto ormai è già occupato e queste sono le regole … Ma a chi è onesto non basta essere a posto con la legge per sentirsi bene con la sua coscienza. Intanto tu vai a sederti nell’ultimo posto e fai silenzio! Il posto a teatro è come la proprietà che in verità non si possiede per sempre. C’è stato un padrone, possessore prima di te di un bene, oggi lo sei tu, ma domani dovrai lasciarlo e cederlo ad altri. Anche se hai pagato il biglietto per quel posto a teatro, quando finisce lo spettacolo non puoi staccare la poltrona per portartela con te, devi alzarti ed andare via e un altro spettatore sarà pronto a sedersi per godersi lo spettacolo della  vita.

Il discorso al Teatro Valle di Roma[2] contro il socialismo va direttamente collegato al precedente in Sicilia nel convento benedettino[3], dove viene facile riscontrare una certa continuità ed  una impostazione similare. Oltre all’aneddoto del “parrucchiere Andrea e Voltaire” citato già nel meeting in Sicilia dove gli è servito all’oratore per affermare che ognuno deve fare il suo mestiere questa volta viene utilizzato per premettere alla platea che anche il parrucchiere informandosi, studiando può parlare di poesia, come anche chi è del popolo, un artigiano può parlare di politica e di diritto. Nel meeting di Catania aveva affermato di essere un socialista, se pur i contenuti quando superavano l’ovvietà erano di assoluto conservatorismo. In tutte e due i discorsi vi è proprio una linea diretta di contenuti, nel Teatro Valle Consalvo amplia approfondisce, la base di origine degli argomenti si trovano nel discorso del meeting catanese. La premessa di tutto il suo discorso è collegata all’aneddoto del “duellante”. Prima di criticare analizzare un argomento bisogna conoscerlo, studiarlo  Inizia con un piccolo apologo  che sa di barzelletta su un tizio che per sostenere la Gerusalemme liberata del Tasso superiore a l’Orlando furioso dell’Ariosto si scontrò a duello per ben 14 volte fin a quando al quindicesimo duello fu colpito a morte e i suoi padrini curiosi di ascoltare le sue ultime parole udirono che quel tizio non aveva letto né l’una e né l’altra opera.

Se a Catania Consalvo aveva asserito che ammesso per ipotesi la cancellazione delle disuguaglianze non appena dopo il furbo avrebbe sovrastato il meno abile, il meno astuto. A Roma l’Uzeda dilata questo concetto, lo affronta in maniera ideologica e con le varie proiezioni politiche dei vari sistemi socialisti. Parla di Marx e di Engels e di lavoro, di privilegi naturali e di meriti, di produttività e di compenso, tutto imbevuto, come dice il giovane Federico di “luoghi comuni”.  Consalvo dichiara di avere letto e letto tantissime opere per comprendere come deve essere uno stato socialista, divide gli autori tra romanzieri e socialisti seri. I primi asserisco che: “Nel regime socialista, ciascun cittadino lavorerà non per conto suo proprio, ma per conto di tutto il consorzio, e riceverà in cambio del suo lavoro un assegno tanto largo, che non si potrà spendere tutto”[4]. Di seguito asserisce che il potenziale d’acquisto è tale che non vi sarà un mercato capitalistico basato sulle arti del commercio ma il consumo è affidato al gusto ed al bisogno dell’acquirente.

Mi sono fermato a riflettere su l’affermazione: “Che i mercanti e i commessi, calcolando sulla vendita delle loro merci per vivere, ci fanno comprare con le loro arti ciò di cui non abbiamo bisogno”[5]. Il possedere il superfluo, ciò che non si ha di bisogno, questa ricchezza inutile e disperante è l’ingiustizia dell’uomo consumista. Questo produrre rifiuti in quantità esorbitante è un suicidio epocale. E’ proprio ciò il male non solo della propria società, della propria nazione, ma planetario. Un male che causa morti ed orrore. Vi è la necessità, l’urgenza, in questa parte dell’umanità di una correzione coraggiosa che nessuno farà, perché nessuno vorrà fare un solo passo in dietro.

La società basata sull’uguaglianza di classe, asserisce l’Uzeda, è stata già raggiunta con la rivoluzione francese che diede alla luce l’uomo/cittadino, mentre è assurda l’uguaglianza assoluta, perché gli uomini non sono per natura tutti uguali. In breve il discorso è questo. Quindi il prodotto del lavoro di ognuno si differenzia ed è una ingiustizia se chi si è impegnato più dell’altro abbia la stessa ricompensa. Anzi questo rallenterebbe il progresso, lo sviluppo, perché non vi sarebbe l’impulso dell’uomo a migliorarsi ad impegnarsi osservando il proprio vicino che con il minimo sforzo ottiene quando lui. Allora che fare? Si ricorre ai “sorveglianti”! Ma questi già hanno una differenza sociale confronto all’operaio: “(…) se i sorveglianti avranno poco da fare, tutti vorranno essere sorveglianti, mentre se il loro ufficio sarà troppo penoso, nessuno vorrà sostenerlo; in terzo luogo chi dovrà scegliere i preposti alla vigilanza? Non un capo, perché non vi saranno capi. Si procederà allora per elezione: avremo quindi candidati, coi relativi programmi. Uno prometterà di chiudere un occhio, ma io voterò per quello che mi assicurerà di chiuderli tutti e due… (Ilarità.) Ecco che i sorveglianti saranno impegnati dinanzi ai loro elettori e costretti a mantenere le loro promesse, sotto pena di non essere rieletti alla prossima votazione, come noi deputati (ilarità fragorosa) il che vuol dire che bisognerà ricorrere ad altri sorveglianti che sorveglino i sorveglianti, il che vuol dire semplicemente che si cade in quell’assurdo che uno dei socialisti più serii, Federico Engels, riconosce essere la conseguenza della pretesa d’una eguaglianza assoluta”[6]. Sgretolando in questo modo “l’utopia socialista”, argomento che è stato già affrontato nell’analisi de L’Illusione[7].

             Mi ripeto ancora una volta, vi è un preciso riferimento in Sette e mezzo di Giuseppe Maggiore nell’esperimento rivoluzionario di trasformare il feudo Tre pernici in una società socialista la colonia Astrea  e l’amara costatazione del fallimento perché i buoni propositi che la produzione doveva accrescersi incominciò a diminuire, perché vi era chi metteva all’ammasso solo in parte, l’economia andava in passivo, l’entusiasmo scendeva a dismisura, si accusavano l’un l’altro.  Intanto queste tesi dei sorveglianti fanno molto ricordare ciò che è successo in Unione Sovietica con il KGB[8]. De Roberto sembra a questo punto intravedere qualcosa che succederà fra qualche decennio così mette in bocca al suo personaggio: “concediamo che le leggi dello stato socialista vietino e puniscano tutte le umane passioni; ma perché queste leggi siano rispettate bisognerà, prima di tutto, creare un esercito infinito di vigili, di informatori, di censori, di giudici, e di agenti della comunità, e per ogni semplice cittadino si avranno almeno un paio di angeli custodi (Ilarità) Per conseguenza la costrizione delle passioni, il perfetto adempimento del dovere da parte di tutti, l’impossibilità delle minime infrazioni da parte di ognuno, saranno ottenuti a costo di quella libertà così cara, così preziosa, come sa chi per lei vita ricusa, e lo stato socialista, che manterrà questa ferrea disciplina, che costringerà tutti a lavorare, misurerà a tutti egualmente le ore di lavoro e di riposo, e che darà a tutti una razione press’a poco eguale di svaghi e di piaceri, rassomiglierà troppo a una colonia penitenziaria, dove i condannati non stanno chiusi a chiave, ma vivono apparentemente liberi e possono anche sposarsi, possedere, dar feste o rappresentazioni teatrali, ma sempre sotto la vigilanza degli aguzzini che hanno l’occhio all’orologio e ai regolamenti, e le manette e i fucili a portata di mano. (Ilarità, applausi)”[9]. Per chiudere questo discorso voglio riportare ciò che scrisse Aleksàndr Solzenicyn nel suo meraviglioso Arcipelago Gulug sul capitolo Le mostrine celesti: “Per fare del male l’uomo deve prima sentirlo come bene o come una legittima, assennata azione. La natura dell’uomo è, per fortuna, tale che egli sente il bisogno di cercare una GIUSTIFICAZIONE delle proprie azioni. (…) L’ideologia! è lei che offre la giustificazione del male che cerchiamo e la duratura fermezza occorrente al malvagio. (…) Così gli inquisitori si facevano forti con il cristianesimo, i conquistatori con la glorificazione della patria, i colonizzatori con la civilizzazione, i nazisti con la razza, i giacobini (vecchi e nuovi) con l’uguaglianza, la fraternità, la felicità delle future generazioni. Grazie all’IDEOLOGIA è toccato al secolo XX sperimentare una malvagità sperimentata su milioni”[10].   

L’Uzeda si affida allo sviluppo al progresso dell’uomo che nella storia è riuscito a raggiungere, prima otteneva i feudi con le guerre oggi con la politica, quindi “Il valore degli uomini è perfettibile e, come quello di tutte le cose, è relativo”[11]. Al di là delle ovvietà del discorso, tal’altro falso, come si accorge Federico, la politica è ancora primitiva, neolitica, perché cerca di risolvere ancora oggi le diatribe con le armi, con le guerre. Questo è il progresso, il progresso è la sintesi di tutta la storia umana, negare il progresso è assurdo perché non si crede in questo modo al futuro.  Il progresso ai politici è servito solo nell’utilizzo di armi sempre più distruttive. Il progresso può essere deviato così come si dimostra il nostro. Ed è assurdo asserire che non vi sono più schiavi. Quando Consalvo parla del “valore degli uomini perfettibile e relativo” non è altro che il prezzo espresso come se fosse merce assoggettata alle regole del mercato. E’ questo il punto di vista che un conservatore di ieri e di oggi non potrà mai condividere con un cristiano o un socialista. L’uomo non è merce, l’uomo è una persona a pari dignità per il socialista e il cristiano aggiunge “immagine di Dio” quindi punto d’attenzione fraterna. Non vi è differenza ideologica ma punto di vista esistenziale. Nella sostanza la critica del socialismo era basato sulla demolizione della struttura sociale, e non sui i principi tanto che porge una mano ai rivoluzionari affinché di comune accordo si arrivi a trovare un modo per discutere e trovare le giuste soluzioni. Nessuna rivoluzione mantiene ciò che promette; non si può smettere un ordine sociale dall’oggi al domani. “Chi si ribella è un generoso impaziente”, chi si ribella  forse riesce a trovare quella poca dignità che il sistema non è riuscito a distruggere, e crede che un giorno potrà cambiare per lui e per gli altri.

La predica di Consalvo ha un effetto contrario su Federico Ranaldi, lo ha completamente dissuaso dalle sue idee di destra e lo ha avviato ad una metamorfosi che lo porterà ad un estremo assoluto, vedremo dopo. Ha entusiasmato la platea, ha infiammato ancor più chi era già convinto. Mentre quelli dell’ultimo posto non mutarono di un solo muscolo il loro volto ed andarono via, seminando nell’Uzeda il loro profondo silenzio.

              Ranaldi riflette sull’espressioni così pieni di egoismo di quel pubblico mentre usciva: “Gli operai sono brava gente, rassegnata al loro destino: infami sono coloro che li seducono, che li pervertono…» Udendo quei giudizii, Federico sentiva crescere lo sdegno e la ribellione nati in lui durante la concione, e un bisogno di gettare in faccia a quella gente l’angustia delle loro menti, l’egoismo dei loro cuori. Solo i ciechi e i sordi potevano attribuire ai perturbatori quello che era movimento fatale delle idee; solo un feroce egoismo poteva lodare la rassegnazione degli sciagurati, solo una maledetta paura poteva giudicare funesto che le coscienze si illuminassero. I paurosi dovevano piuttosto essi medesimi aver coscienza della loro paura, e vergognarsene; e vedere e sentire che il bene, il meglio non si poteva raggiungere senza quest’intima luce. Accostarsi, unirsi, procedere concordi, sì; ma spettava ai socialisti dar l’esempio della moderazione, o non piuttosto ai conservatori dar quello dell’ardimento?”[12]. Ranaldi ora che vede la realtà con gli occhi dell’Autore, gli è caduto il velo dei pregiudizi, ora vede la “miseria oscura” e il “lusso insolente”!

De Roberto tratta il tema del principio della rassegnazione, argomento trattato ampiamente precedentemente, sulla fortuna e sfortuna delle opere  e sull’uso di strumenti politici ed artistici per indurre popoli interi ad abbandonare qualsiasi lotta con la forza della rassegnazione indotta. E’ una arma più potente di quanto possa sembrare, a maggior ragione con gli strumenti di diffusione di massa che lo “sviluppo” ci ha portati. La crisi provocata, l’accrescimento nel mercato lavoro dell’offerta di lavoratori, può indurre alla rassegnazione a vivere lo stato sociale di sofferenza economica di ristrettezza, annullando così le conquiste sociali ottenute una dopo l’altra. Il lavoratore disoccupato così si rassegna così ad un lavoro mal pagato e senza garanzie sociali, preoccupato da problemi esistenziali viene ridotto al silenzio.

Questo Capitolo termina con la notizia già su i giornali del ferimento grave del deputato Uzeda. In questa dimensione letteraria è l’Autore che ha creato l’evento, nella dimensione reale questo evento poteva essere creato a doc dallo stesso Uzeda, assoldando qualcuno per fare il ferimento. Quale straordinario mezzo può essere più funzionante in politica del vittimismo?



[1] Pagina 775

[2] E’ il più antico teatro di Roma, si trova nel rione Sant’Eustachi, è stato chiuso nell’11 agosto 2014.

[3] PARTE TERZA CAPITOLO NONO Pagina 650

[4] Pagina 777

[5] Ibidem

[6] Pagina 780

[7]  PARTE TERZA CAPITOLO TERZO Pagina 198

[8]  Komitet bezopasnosti Gosudarstvennoy (Comitato per la Sicurezza dello Stato ), è stata la principale agenzia di sicurezza per l’ Unione Sovietica dal 1954 al 1991.

[9] Pagina 783

[10] Arcipelago Gulag di Aleksàndr Solzenicyn – Volume Primo – Oscar classici moderni – Arnoldo Mondadori Editore SpA Milano, gennaio 1995 – Pagina 185

[11] Pagina 782

[12] Pagina 789



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